vittorio polito
giornalista pubblicista scrittore
Vai ai contenuti
Una serata culturale dedicata alla pittura nel Salento e alla cucina del Medioevo  Giornaledipuglia.com 15 maggio 2017  

Una dotta ed interessante conferenza sulla pittura tardogotica nel Salento è stata tenuta da Sergio Ortese, storico dell’arte, ad un numeroso ed attento pubblico, convenuto nella Masseria “Sciuscio” di Sammichele di Bari, illustrando una attenta ricerca effettuata nel Salento su una vivace stagione culturale fiorita nella Corte dei Principi Orsini del Balzo tra il XIV e XV secolo.

Egli ha parlato di numerosi monumenti sconosciuti o misconosciuti presenti nel Salento, soprattutto dei monumenti “minori”: cripte, cappelle, piccoli santuari di campagna, affreschi, ed anche di chiese barocche. Insomma ha portato a conoscenza dei presenti, e del lettori del suo libro “Pittura tardogotica nel Salento” (Congedo Editore), del fiorire di una cultura pittorica essenzialmente “pugliese”. Sottolineando che oltre alla famosa chiesa di “Santa Caterina d’Alessandria” di Galatina e Santo Stefano di Soleto, vi sono altre realtà da scoprire e da non perdere.
Cosimo Mitrani, esperto di cucina medievale ci ha accompagnati in un viaggio nel tempo descrivendo con dovizia di particolari la cucina del medioevo. Egli ha detto: “Ci troviamo nel periodo tra il trecento-quattrocento, che rappresenta la fase conclusiva dell’elaborazione della cucina medievale che trova molti punti di contatto con quella Araba attraverso la penisola Iberica e la Sicilia. Dobbiamo scordarci del pomodoro e della patata, prodotti importati dall’America, che troveremo più tardi nel nostro continente. Per lo stesso motivo escluderemo il peperoncino, la polenta non sarà di mais e non avevano il caffè a fine dessert”.

A

l contrario, si aveva a disposizione molto vino e tante spezie, in un tripudio di profumi ed equilibri, tra zafferano, pepe o cannella. Lo zenzero (tanto di moda oggi), con il chiodo di garofano. Il pollo, si gustava con il miele, o l’anguilla farcita con fichi secchi. Esistevano molte differenze tra paese e paese.  In Europa Centro–Meridionale, ad esempio, non mancava il vino e l’olio d’oliva, mentre in Europa centro-settentrionale si faceva uso di birra e strutto. Si trovavano prevalentemente prodotti locali, visto che il metodo di conservazione conosciuto era sono solo l’essiccatura delle carni. I formaggi? Il più usato era il pecorino. Il pane realizzato principalmente con farine di avena e segale. Un primo confronto, ha proseguito Mitrani, contrappone però il Villano al Signore, confronto che diventa più evidente in tempo di carestia (biennio 1315-1316 per la crisi cerealicola).
Il Signore disponeva sempre di cospicue riserve nei granai e nei fienili e continuava a mangiare normalmente, mentre il contadino faceva uso di erbe selvatiche. In periodo di abbondanza tutti consumeranno verdure, molto pane e carni, principalmente selvaggina, che saranno per lo più lesse e condite con salse ricche di spezie, accompagnate da frutti canditi e dolci speziati. Poca la frutta fresca, mentre abbondante la frutta secca.

Il menù della nostra serata? Ricco e abbondante a base di focacce di grano arso e semola, friselle di farro, pane medievale con lardo e coppata, scamorzone con marmellate e cotognata, frictata con sporchia (pianta erbacea parassita delle fave) ed erbette, incapriata (purè di fave e cicorie), balordaggine (una sorta di zuppa di fagioli), ciceri e tria, civiero di coniglio (una speciale ricetta con coniglio), montone R’zzaul, spezzatino di agno (agnello con piselli). E per finire: dolce della Matrona, Buccellato, Biancomangiare, tutte ottime ed originali “dolcezze”, molto gradite e gustate dagli amici presenti, me compreso.


Cosimo Mitrani, ha invitato quindi le tre “chef” Natalie Sapone, Marina, Salerni e Katia Gismondi, “responsabili” per aver preparato con gusto e raffinatezza il menù che ha letteralmente incantato i presenti con una serie di pietanze dell’epoca medievale adattate al 2017, condividendo con esse il successo della serata, da non dimenticare.

Curiosità : Si legge in un libretto di quel tempo: “Mangiate poco la sera e liberatevi di ogni pensiero terrestre e mondano e non pensate più a nulla se non che all’indomani, di buon mattino, andrete a sentire la vostra Messa”. Al calar del sole, la gente nelle case poggiava gli abiti su un bastone orizzontale, per proteggerli da animali di casa, salvo la camicia.
La camicia si levava a letto, perché si dormiva nudi e il mattino si doveva subito infilare. Nel sereno della notte brillavano le stelle, finché i galli cantavano, svegliando un’altra giornata qualunque.

Torna ai contenuti