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Vittorio Polito giornalista e scrittore innamorato di Bari
di Antonio Calisi   pubblicato su "Il messaggero Italiano"  il 22 marzo 2019     vedi articolo originale

In un tempo in cui assistiamo alla poca stima dimostrata nei confronti dei nostri vernacoli, ci sono sostenitori che permettono alla nostra lingua materna, i dialetti, di resistere e di rinnovarsi.

Tra questi c’è Vittorio Polito, classe 1935, propugnatore tenace il cui obiettivo principale è quello di ricordarci che il dialetto è uno strumento linguistico dotato di fondamentali significati storici e morali che ci permettono di comprendere il nostro modo di essere.
Antonio Calisi, Storico e teologo. Vive a Bari con sua moglie Magda Pacillo, dove insegna Religione Cattolica al Liceo Classico Statale Socrate. È Dottore in Sacra Teologia, laureato in Scienze Storico-Religiose all’Università La Sapienza di Roma. Giornalista presso ‘Il Messaggero Italiano‘. Iconografo, dipinge icone secondo la tradizione bizantina che ha appreso nei suoi numerosi viaggi nei monasteri di Russia, Romania, Grecia e Monte Athos. Tra le sue pubblicazioni: ‘Monachesimo ed Iconoclastia. La partecipazione dei monaci al concilio di Nicea II (787)‘, Bari 2011; ‘Teodoro lo Studita, Antirrheticus Adversus Iconomachos. Confutazioni contro gli avversari delle Sante Icone‘, Bari Chàrisma Edizioni, 2013; ‘Lo Spirito Santo in Cirillo di Gerusalemme‘, Bari Chàrisma Edizioni, 2013.
Le sue numerose opere lo attestano come ad esempio il volume Baresità e maresità, Baresità, curiosità e…, Pregàme a la barese, San Nicola, il dialetto barese e…, San Biagio protettore della gola.
Per non parlare, poi delle sue numerose e splendide poesie quali Bare mì, Baresità
A l’alda vànne du ciùcce, U tréne de la vite, U giornalìste de iósce, Filastrocca e Nonònne.

Nei suoi scritti Vittorio Polito si esprime con ricchezza di particolari e mostra una grande conoscenza riguardo al nostro santo patrono Nicola, alla Basilica e alla Cattedrale; argomenta sull’isolotto “Monte Rosso”, sulla tramvia Bari–Barletta, sui raduni politici in dialetto, sulla banda dei ‘fichi secchi’, e tante altre curiosità arricchite da poesie in vernacolo.
La sua produzione letteraria è un lodevole lavoro che ha richiesto una diligente documentazione in cui nelle pagine, ricche di tradizioni, rivivono consuetudini e caratteristiche proprie del popolo di Bari, espressioni proverbiali, personaggi, episodi, tradizioni, nomignoli e passatempi legati a luoghi reali come mercati e piazze, punti di svago specie vicini al mare.

Con lo stile di chi si sente erede riconoscente, racconta Bari, una città da scoprire e raccontare in tutti i suoi punti di vista.

A seguire una sua poesia del 6 ottobre 2008 dal titolo Bare mì.


Tu sì come nu beghenòtte
ca berefatte e saperìte
ijnda ijnde, sope e sotte
me dà priesce e predìte!
Tu sì dolge, sì na mamme
ca che cudd’affètte ndelecàte
m’appicce u còre che na fiamme
ca m’allasse mbriacàte!
Tu sì nu fiore de checòzze
ca vèrde vèrde, prefemàte,

nzim’o rise, patàne e còzze
fasce nu piatte prellebàte!
Tu sì granne com’o prisce
ca m’ auuande acquanne jè sère
e me porte Mbaravise
abbrazzate che la megghière!
Assà paijse sò canesciùte
viaggiànne dò e dà, a zeffunne
all’alde vanne stogghe sperdùte:
tu sì la megghia città du munne!



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