Proverbi e detti calabresi raccolti da Rocco Matarozzo Giornaledipuglia.com 21 luglio 2017
![](images/il-nonno-racconta_ek7epzmh.jpg)
Il proverbio, com’è noto, è una frase breve, frutto di una verità proveniente da esperienze per confermare un’argomentazione. C’è incertezza sull’origine della parola “proverbio”, sta di fatto che ha molti sinonimi: sentenza, adagio, aforisma, motto, che coincidono perfettamente con il suo significato. Insomma il proverbio è una regola generale che conferma un fatto naturale, meteorologico, somatico, ecc. Si possono anche fare previsioni, come ad esempio «Rosso di sera, buon tempo si spera». Discutendo con i nostri figli, abbiamo l’abitudine di fare paragoni, solitamente li facciamo ad arte, per stimolarli ed educarli a scopo formativo e morale, da qui anche la massima «L’erba del vicino è sempre più verde?».
![](images/3-CANI_th2i98en.jpg)
Il Vocabolario Treccani, definisce il proverbio un breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunta dall’esperienza. Essi rappresentano quadretti di vita vissuta o immagini correnti della realtà sociale e sono espressione della saggezza popolare.
Anche la Bibbia ne parla in uno dei libri dell’Antico Testamento intitolato appunto «Proverbi» nel quale designa «…un genere letterario comprendente poemi dal contenuto religioso e morale, satire, discorsi nei quali predomina l’elemento comparativo, oracoli, sentenze popolari, massime…». La scienza, invece, attraverso la paremiologia, si interessa allo studio dei proverbi, soprattutto come espressione dell’animo e del costume popolare.
Un signore che ha iniziato a lavorare appena maggiorenne - all’epoca quello diceva la legge - come assistente sociale e poi si è laureato in filosofia ed è stato anche ispettore di vigilanza dell’Inps non può che nascere a Laureana di Borrello (Comune in provincia di Reggio Calabria da me mai sentito nominare prima di averlo letto sul retro di copertina del volume di Rocco Salvatore Matarozzo “Proverbi e detti calabresi”).
Matarozzo, da collega pubblicista, ha inteso dove voglio andare a parare. Potrei a questo punto ricorrere a proverbi tipo: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, “Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”, ma dal momento che “A buon intenditore poche parole” e mi onoro di aver conosciuto personalmente - non cito l’evento, per non dare fiato alle ‘malelingue - Rocco Salvatore Matarozzo e il suo contagioso sorriso, unito a quel fare conciliante, affinato in anni di pratica sindacale, per cui vi regalo un proverbio di mio nonno “Un sorriso costa meno dell’elettricità, ma dona più luce”.
Ciò premesso proverò a raccontarvi di questo libro ‘Proverbi e detti calabresi’ raccolti e commentati da Matarozzo, che si avvale - tanto per ‘volare alto’ - di una meticolosa e ‘agguerrita’ presentazione del professore, avvocato, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Bari, Gaetano Veneto.
![](images/MATAROZZO-ROCCO-_gu4wrcx5.jpg)
Il lavoro di Matarozzo riferisce consuetudini ed usi della sua terra, una delle più antiche di vita e civiltà, “contaminata” da cultura, usi e tradizioni di altre “terre” del nostro Paese, grazie proprio al fatto che in Italia, malgrado il grande Padre Dante – scrive Veneto nella presentazione – nel Libro VI del Purgatorio, già amaramente parli della sua (e nostra) amatissima “serva Italia”, tanto frantumata e di “dolore ostello” per beghe, contrasti e voglie di potere di gruppi e gruppettini territoriali: si è, purtroppo, cominciato a parlare di Stato unitario solo oltre sei secoli dopo le parole del Sommo Poeta.
Ma torniamo ai proverbi: l’autore che per anni ha fatto ricerche e scavato nella memoria di amici calabresi per ricordare i detti e le frasi che usava sua madre, nel tentativo di evitare di realizzare una raccolta-doppione. Una bella fatica, quella di Matarozzo, nel cercare di mettere insieme proverbi simili sia nella costruzione e nelle parole, sia nei significati. Infatti, non ha cercato più proverbi possibili, ma quelli risalenti alla cultura ed alle tradizioni della Calabria, quanto meno quello di “estrarne” i significati reconditi, ordinandoli alfabeticamente e per argomento.
Vediamone qualcuno: “Ama l’amicu toi cu’ i vizzi shoi” (Ama l’amico tuo con i vizzi suoi) – L’amico va rispettato come persona con i suoi vizi e le sue virtù, senza cercare di coartarlo nei suoi modi di essere; “Aprili, quando ciangji e quand’arridi” (Aprile, quando piange e quando ride) – Il tempo ad aprile non è sempre bello. Spesso è piovoso; Cu’ ‘ndavi cchjiù santi vva ‘mparadisu” (Chi ha più santi va in paradiso) – Le conoscenze e le raccomandazioni prevalgono sui meriti); “U’ toi e thoji, ‘o’ strhanu quandu pòji” (Il tuo ai tuoi, all’estraneo quando puoi) – Prima occorre provvedere ai propri cari e solo il di più va distribuito agli altri, agli estranei.
![](images/siculavorobisceglie-veneto_1rbcp7nf.jpg)
Ovviamente, il dialetto fa la parte del leone, in questo caso il calabrese, che fa largo uso della lettera “j”, quella consonante che qualcuno ha ipotizzato, a torto, di eliminare da quello barese.
In conclusione gran bel lavoro, quello di Matarozzo, che farà felice i suoi conterranei per aver messo a disposizione una ricca raccolta bilingue di proverbi, amabilmente e abilmente commentati, e che si avvale, insieme alla dotta prefazione di Gaetano Veneto, anche della presentazione di Francesco Fiordalisi, dermatologo presso il Policlinico di Bari, Presidente della “Famiglia Calabrese” di Bari e Sindaco di Montegiordano (CS).