vittorio polito
giornalista pubblicista scrittore
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A proposito delle ‘ali’ rappresentate nel saggio di Vittorio Polito 'Professioni, Patroni, Preghiere e…'
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In riferimento alla presentazione del saggio “Professioni, Patroni, Preghiere e…” di Vittorio Polito (WIP Edizioni), che mi coinvolge in meravigliosi progetti letterari, nel quale sono riportate molte “ali”, mi sono posta la domanda “Perché le ali?” Rappresentare in immagini quello che è stato il mirabile lavoro di Vittorio per realizzare il suo capolavoro letterario non è stata cosa semplice. Come rappresentare tutto questo senza ricorrere ad immagini già troppo utilizzate e scontate? La soluzione, dopo ore ed ore di meditazione, è apparsa all'improvviso proprio leggendo la preghiera che mi riguarda, quella degli Artisti, riportata nel testo, che nella sua parte finale recita:
“DONACI ALI STUPENDE AFFINCHÉ CON L’ARTE CI INNALZIAMO A TE”.
Ho quindi pensato che le centinaia di creature alate da me dipinte nel corso della mia vita artistica, sono state da sempre il mezzo espressivo perfetto per proclamare quanto sia indispensabile la libertà nella vita di ognuno di noi, ma anche simbolicamente perfette per rappresentare i contenuti spirituali del testo di Vittorio.
Tutte le ali, presenti all'inizio di ogni argomento, sono tratte da miei dipinti dedicati a farfalle, martin pescatori, colibrì… e al termine di questo lavoro mi sono resa conto di aver dedicato la maggior parte della mia vita artistica a qualcosa che ho sempre desiderato di possedere spiritualmente e fisicamente, le ali, appunto.. L’immagine di copertina, invece, è il dipinto che rappresenta l’ala di un Angelo “Vorrei sapere come sei fatto, vedere il tuo volto, ma posso solo ascoltare il fruscio delle tue ali”. Il dipinto, fortemente simbolico, rappresenta in senso lato, tutti i misteri che non possiamo risolvere e gli interrogativi a cui non sappiamo dare una risposta nella nostre complesse esistenze.
Il desiderio di volare dell’uomo è cosa antica e universalmente riconosciuta. Il primo costruttore di un oggetto alato, una colomba volante in legno, fu il matematico e filosofo ARCHITA di TARANTO, vissuto 4 secoli prima di Cristo. I primi progetti degni di nota appartengono al grande Leonardo da Vinci che, durante il brillante periodo del Rinascimento, immaginò le prime macchine volanti (antenate del moderno elicottero).

I primi ad inventare una macchina in grado di volare furono i fratelli francesi MONTGOLFIER, il cui pallone aerostatico ad aria calda volò, con un equipaggio, sui cieli di Parigi nel 1783.

L’innato desiderio di volare dell’uomo è ben simboleggiato e raccontato dal mito di Dedalo e Icaro. Dedalo costruì il leggendario labirinto di Cnosso per imprigionare il Minotauro. Pare che il Minotauro fosse il figlio di Pasifae, moglie del re Minosse, e del Toro sacro inviato da Poseidone. Minosse ordinò a Dedalo di costruire il labirinto per racchiudervi il Minotauro, ma vi fece rinchiudere anche Dedalo, ritenuto pericoloso perché a conoscenza, con il figlio Icaro, della struttura del labirinto. Per scappare con Icaro, Dedalo dispose delle piume d’uccello in fila (dalla più piccola alla più grande) e le fissò con fili di lino e cera. Poi raccomandò ad Icaro di volare a mezz’altezza in modo che l’umidità del mare non appesantisse le ali e che il sole non facesse sciogliere la cera. Icaro, preso dall’ebbrezza del volo, salì troppo in alto, avvicinandosi al sole che fece sciogliere la cera, così cadde in mare e morì.
Quanto il desiderio di volare, quindi, può portarci in alto davvero? E quanti di noi sono in grado di valutare il giusto equilibrio tra la libertà di volare e la pericolosità che può derivare dal volare troppo in alto? Difficile dirlo… Una cosa è certa… ognuno ha ali differenti posate sulle spalle. Qualcuno le ha ben spiegate e le mostra a tutti vantandosene, come fa il pavone con la propria ruota. Qualcuno altro ancora ha dimenticato di averle.

Qualcuno le usa talmente tanto da averle sciupate e logorate
Qualcun altro, infine, le conserva ben chiuse e riparate per poterle usate al momento giusto.
E, poi, ci sono io… che le mie… le dipingo…!
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